martedì 8 aprile 2014


Giovani italiani in fuga a Berlino alla ricerca di lavoro
Si allarga l'esodo di emigrati italiani verso la Germania, che si portano al terzo posto dopo i polacchi ed i rumeni, determinando un vero e proprio boom di flussi migratori nel 2013 verso l'economia più florida dell'Area Euro. 
Qualche giorno fa, il settimanale tedesco Welt am Sonntag ha reso pubblico un rapporto di una sezione dell'Agenzia del Lavoro, da cui è emerso un exploit del 10% delle immigrazioni in Germania nel 2013. Guardando più a fondo i dati, emerge che la maggioranza sono di nazionalità polacca e rumena, che occupano i primi due posti sul podio, inseguiti dai giovani italiani, che si collocano al terzo posto, davanti ad ungheresi e spagnoli. Un flusso che ha a che fare con una recessione senza fine e con le opportunità quasi nulle del mercato del lavoro tricolore. L'esodo verso la Germania, in realtà, non è nuovo, ma in passato era appannaggio delle fasce più basse di istruzione e del Mezzogiorno. Oggigiorno, invece, la tendenza è più diffusa, tanto che la comunità italiana in terra germanica è la seconda più grande con circa mezzo milione di presenze, dopo quella turca che vanta 1,6 milioni di residenti. Il fenomeno dell'immigrazione per ragioni di lavoro sta diventando così imponente da aver creato qualche nervosismo in seno alla politica ed all'opinione pubblica, soprattutto nei confronti di quelle nazionalità, come la rumena, che motivano la scelta con la volontà di tratte beneficio dal vasto sistema sociale garantito da Berlino.

Giovani italiani verso la Germania: come negli anni ’50/’60

Ciao Beppe, sono un giovane giudice tedesco – attualmente a Heidelberg – con origini italiane (precisamente siracusane), figlio della seconda generazione d’immigrati. Da qualche anno curo un blog d’informazione sul diritto tedesco per gli italiani che decidono di spostarsi in Germania per motivi di lavoro (giurista.de). La situazione è, a dir poco, preoccupante: ogni settimana mi arrivano decine di messaggi da parte di giovani italiani, che sperano di trovare a Berlino, a Monaco di Baviera o Stoccarda quello che non trovano a Roma, Milano o Napoli. Una situazione che mi fa pensare ai miei nonni, anche loro costretti a lasciare l’Italia negli anni ’50/’60. Leggendo i giornali, guardando la televisione e seguendo i dibattiti politici del nostro paese, mi rendo conto, però, che il vero problema dell’Italia è l’assoluta autoreferenzialità della politica. Come si fa, nel bel mezzo di questa profonda crisi, a parlare di “legge elettorale”, “riforma della giustizia” oppure di Napolitano? Non sono questi i punti cruciali. Per superare la crisi ci vuole un piano industriale, da estendere ai prossimi dieci anni, serve una riforma del sistema sociale e – soprattutto – del mercato del lavoro! È così che Gerhard Schröder – insieme al suo pool di esperti – avviò nel 2003 la ripresa dell’economia tedesca, ponendosi anche contro la base del suo partito: era l’Agenda 2010. Un altro tema da affrontare è quello relativo all’immigrazione. Solo con una politica d’integrazione (ad e
sempio con corsi di lingua e formazione sociale) si può sperare di trasformare l’immigrazione da “problema sociale” ad opportunità per le prossime generazioni. Qui, in Germania, gli immigrati sono una risorsa, e il piano d’integrazione scatta non appena uno straniero mette piede nella Repubblica federale. E concludo con un sincero consiglio ai giovani italiani che vengono in Germania: dimostrate fin dal primo minuto di avere voglia di lavorare, solo in questo modo vi apprezzeranno.

Gli italiani si riscoprono emigranti in cerca di lavoro, Germania e Svizzera le mete preferite

La disoccupazione galoppante spinge sempre più italiani a cercare opportunità lavorative fuori dai nostri confini. Così torna a correre l’emigrazione verso l’estero mentre calano i nostri connazionali che decidono di tornare nel Belpaese. La fotografia relativa rimarca come circa 38 mila emigrazioni per l’estero su complessive 106 mila registrate nel 2012 riguardano cittadini stranieri. Il numero di cittadini stranieri che lasciano l’Italia è in aumento rispetto all’anno precedente (+17,9%), ma ancor più marcato è l’incremento dei connazionali che decidono di trasferirsi in un Paese estero.
Emigrati italiani ai massimi degli ultimi 10 anni
Il numero di emigrati italiani è pari a 68 mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni, ed è cresciuto del 35,8% rispetto al 2011. Tale incremento, insieme alla contrazione degli ingressi (pari a 2 mila unità, 6,4% in meno del 2011) ha prodotto nel 2012 un saldo migratorio negativo per gli italiani pari a -39 mila, più che raddoppiato se confrontato con quello del 2011, anno nel quale il saldo risultò pari a -19 mila.
Fuga verso  e 
Per gli italiani, i principali Paesi di destinazione sono quelli dell’Europa occidentale:Germania (oltre 10 mila emigrati), Svizzera (8 mila), Regno Unito (7 mila) e Francia (7 mila) ne accolgono, nel loro insieme, quasi la metà.
I connazionali che decidono di tornare in Italia sono in numero molto inferiore a quello degli emigranti: nel 2012 i rientri sono 4 mila dalla Germania, 3 mila dalla Svizzera e circa 2 mila dal Regno Unito e dalla Francia.
Gli uomini più propensi all’avventura all’esteroIl 53,7% di chi emigra all’estero, a prescindere dalla cittadinanza, è di genere maschile. Tuttavia, se si escludono i cittadini italiani, la cui composizione di genere è sbilanciata in favore degli uomini (57,8%), emerge che per i cittadini stranieri la quota di emigrati di sesso maschile è pari al 46,4%.
Il 48,9% degli immigrati è di genere maschile. Il dato osservato per cittadinanza mostra, anche in questo caso, una diversa composizione di genere: è maschio il 54,6% degli italiani e il 48,4% degli stranieri.
Il confronto tra i profili per età dei migranti italiani in entrata e in uscita dal Paese evidenzia un elevato saldo negativo tra i 25 e 44 anni di età (-26 mila) con un picco all’età di 29 anni. Per i cittadini stranieri, le maggiori differenze tra immigrati ed emigrati si rilevano tra i 20 e i 39 anni, fascia di età in cui si concretizza un saldo positivo di 166 mila unità.

L’economia tedesca corre e gli italiani continuano ad emigrare in Germania

L’economia tedesca corre. Gli effetti della crisi nei paesi circostanti continuano ad essere attutiti senza grosse ripercussioni macroeconomiche, non ancora almeno. Basta osservare alcuni dati statistici emersi nelle ultime settimane per confermarlo. Il primo, forse il più importante, è il clima di fiduciadelle imprese nel futuro calcolato mensilmente dall’Ifo – Institut für Wirtschaftsforschung di Monaco attraverso un sondaggio tra i dirigenti di 7mila aziende tedesche è infatti salito dai 110,6 punti di gennaio ai 111,3 di febbraio, valore più alto mai raggiunto dal luglio del 2011. E dire che ci si aspettava addirittura un calo a 110,5. Secondo una ricerca di mercato dell’Istituto di ricerca GfK anche la fiducia dei consumatori crescerà dai 8,3 punti di febbraio agli 8,5 di marzo.
Disoccupazione e immigrazione. Anche a gennaio il tasso (destagionalizzato) di disoccupazione  è sceso dal 5,1% di dicembre al 5% di gennaio (fonte Destatis). In Italia è al 12,7% (fonte Istat). Se si calcola l’intera media dell’Unione Europea a dicembre 2013 il dato è del 10,7% (12% se si parla solo dell’area Euro). L’entrata in vigore in Germania del salario orario minimo di 8,50 euro arriverà solo dal 2015 e in maniera graduale. Nel frattempo la flessibilità del mercato del lavoro e le varie iniziative a sostegno di disoccupati o di chi non guadagna abbastanza continuano a sostenere una società che, per il momento, non sembra avere risentito alla libera circolazione di  rumeni e bulgari nel proprio territorio avvenuta lo scorso primo gennaio (in Italia le restrizioni erano decadute nel 2012). Se un sondaggio di metà gennaio condotto da Politbarometer mostrava come, secondo il 63% dei tedeschi, i neo immigrati dall’est avrebbero puntato prima di tutto ai benefici sociali del sistema tedesco, secondo l’ufficio di statistica tedesco negli due ultimi anni il numero di bulgari e rumeni che hanno fatto ritorno nel proprio paese è addirittura salito dai 50,265 dei primi tre quarti del 2012 ai 60.450 dello stesso periodo del 2013.  Il saldo rimane comunque attivo a favore della Germania: sono più quelli che arrivano di quelli che lasciano, ma la percentuale di immigrazione da questi due paesi è in progressiva diminuzione. Secondo Nora Hesse del think thank Open Europe Berlin “Molti bulgari vengono in Germania solo per studiare e poi tornano a casa”. Insomma, lo spauracchio dell’arrivo di “approfittatori del welfare tedesco” sembra per il momento scampato con buona pace della tanta demagogia politica sparsa negli ultimi mesi da varie rappresentanze politiche.
Nonostante alcune contraddizioni (bene o male dal 2006 i tedeschi che vivono sotto la soglia di povertà –  848 euro al mese per un single, 1278 euro per una coppia – è aumentata dal 14 al 15,2%), la Germania continua ad attrarre. L’anno appena passato ha fatto registrare un boom di immigrazione, ben 400mila nuovi arrivi, mai così alto dal 1993, quando la Germania accolse i rifugiati dalle guerre dei Balcani (fonte Iab) . Dopo Polonia e Romani, il terzo maggior numero di immigrati appartiene all’Italia. Basta una passeggiata per le strade di Berlino o a Francoforte per rendersi conto della presenza sempre più massiccia della nostra comunità in Germania. Peccato che, a livello politico, quello della continua emigrazione dei nostri connazionali non sia un tema da ordine del giorno. Purtroppo è facile prevedere che lo diventerà.